Ci sarebbe una stretta correlazione tra l’inquinamento atmosferico, ed in particolare il Pm10, e la diffusione del Coronavirus . E’ quanto emerge da un recentissimo studio della Società italiana di medicina ambientale- Sima che ha interessato anche gli atenei delle Università di Bari e di Bologna.

Secondo questa ricerca le alte concentrazioni di Pm10 registrate alla fine di febbraio nella pianura padana, hanno determinato un' accelerazione nella diffusione del contagio.

La ricerca ha incrociato, mettendoli in correlazione, i dati sull’inquinamento atmosferico pubblicati sui siti delle Agenzie regionali di protezione ambientale con il numero dei nuovi casi di positività al coronavirus riportati sul sito della Protezione Civile.

Ci sarebbe un rapporto diretto tra Pm10 e coronavirus

Dal confronto si è rilevata una relazione tra i superamenti dei limiti imposti dalla normativa vigente riguardo l’inquinamento atmosferico, ed in modo specifico tra i dati del particolato fine Pm10 registrati nel periodo ricompreso tra il 10 e il 29 febbraio 2020, e il numero di contagi al Covid-19 aggiornati alla data del 3 marzo 2020.

Si è preso in considerazione, ai fini della ricerca, un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 14-29 febbraio, considerando - secondo le recenti indicazioni - in modo approssimativo il tempo di incubazione del virus di 14 giorni fino alla identificazione dell’insorgenza del contagio.

Pianura padana: contagio sarebbe veicolato da Pm10

I ricercatori della Società italiana di medicina ambientale hanno rilevato che nella area della pianura padana – una delle zone d’Italia più soggette ad inquinamento atmosferico - ci sarebbero accelerazioni anomale in coincidenza, a due settimane di distanza, con le più alte concentrazioni nell’aria di particolato fine. L’evidenza ha riguardato in modo specifico quelle province che si sono rilevate tra i primi focolai in Italia del contagio da coronavirus.

I ricercatori evidenziano che, in base allo studio condotto, il Covid-19 sarebbe veicolato dalle polveri sottili. Gianluigi De Gennaro, dell’Università di Bari ha usato l’espressione di “autostrade per i contagi”. Per Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale- Sima, l’inquinamento atmosferico sta determinando ricadute sanitarie a tutti i livelli. In base a questo studio, l’alta concentrazione di polveri sottili nell’area potrebbe essere considerata un possibile indicatore indiretto della virulenza dell'epidemia da Covid19.

Grazia Perrone, professoressa di metodi di analisi chimiche della Università Statale di Milano, sottolinea che il lavoro è frutto di un studio no-profit, che ha visto operare insieme esperti di diversi gruppi di ricerca italiani e che è rivolto in particolar modo a coloro che hanno la facoltà di prendere decisioni.

La qualità dell’aria, secondo lo studio della Sima, ha effetti diretti sulla diffusione del contagio da coronavirus.

Pm10, ovvero materiale particolato solido fine

Ma cosa è il Pm10? Il Pm10 sta per "particulate matter", materiale particolato solido fine, termine generale usato per un mix di particelle solide e liquide che si trovano in sospensione nell'aria. Si tratta di polveri aventi diametro inferiore a 10 milionesimi di metro (10 micrometri - µm - di diametro, lo spessore di un capello è circa 100 micrometri). Sono dette anche polveri inalabili per la loro capacità di penetrare nel tratto superiore dell'apparato respiratorio. Le fonti antropiche, ovvero determinate dall’attività dell’uomo, sono riconducibili principalmente ai processi di combustione quali: emissioni da traffico veicolare, utilizzo di combustibili (carbone, oli, legno, rifiuti, rifiuti agricoli), emissioni industriali (cementifici, fonderie, miniere).

Le fonti naturali per la produzione di Pm10 invece sono sostanzialmente aerosol marino, suolo risollevato e trasportato dal vento, aerosol cosiddetto biogenico (pollini, spore, residui vegetali e resti di insetti), incendi boschivi ed emissioni vulcaniche.